nomine provinciali e regionali ARTICOLO NIGI

Per il piano di assunzioni per il 2015/16 così come previsto dalla
Legge 107 del 13 luglio 2015 consulta:

http://www.istruzione.it/assunzioni_buona_scuola/index.shtml 

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La sede Snals di Bergamo

modifica il progetto

di chiusura estiva degli uffici

Piano straordinario di assunzioni fasi B C

Nel periodo dal 10 agosto al 14 agosto, la sede Snals di Bergamo,

via Matris Domini, 8 resterà aperta:

dalle ore 15,00 alle ore 18,00,

nei giorni: lunedì 10, martedì 11, mercoledì 12, giovedì 13

dalle ore 10,00 alle ore 14,00,

nel giorno venerdì 14

per la compilazione delle domande che vanno presentate:

fra le ore 9.00 del 28 luglio 2015 e le ore 14.00 del 14 agosto 2015

E’ NECESSARIA LA PRENOTAZIONE

Tel. 035-245986 e 035-4130343

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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia

Docenti destinatari di contratto a tempo indeterminato su posti di sostegno, con decorrenza dall’a.s. 2015/16, nella provincia di titolarità assegnata

Scorrimento concorso ordinario D.M. 31/03/1999 – Assegnazione province.

Scorrimenti delle graduatorie delle procedure concorsuali DDG 82/12:

disponibilità Fase A (L. 107/15, Art. 1, c. 98, lett. a))

 

IN ALLEGATO

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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia

Ufficio III Ambito territoriale di Bergamo

 

Disponibilità posti e ore ai fini delle operazioni di avvio dell’anno scolastico;

scuola infanzia, primaria e personale educativo. Situazione al 30.07.2015

Assunzioni a Tempo Indeterminato a.s. 2015/2016 personale docente di ogni ordine e grado – Fase A. – Scorrimenti.

IN ALLEGATO

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ARTICOLO SU ITALIA OGGI 30 07 2015

Per il segretario generale della Confsal Nigi,

il rischio è un aumento dell’iniquità sociale

In ritardo riforme per la crescita

Su fisco, economia e occupazione il governo va a rilento

 

Un anno e mezzo fa, esattamente il 24 e il 25 febbraio del 2014, il governo Renzi chiedeva la fiducia al parlamento sulla base di lineamenti programmatici di legislatura incentrati sulle riforme economiche, fiscali e del lavoro. A diciassette mesi dal suo insediamento possiamo, dunque, esprimere la nostra valutazione politico sindacale sull’azione del governo, e sui suoi effetti; in materia di economia, di finanza pubblica e di occupazione. A nostra volta, sempre nel febbraio dell’anno scorso, avevamo individuato nella disoccupazione, in particolare in quella giovanile, e nella perdita del potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati, con la conseguente caduta della domanda interna, i nodi da risolvere per rilanciare sviluppo economico e occupazionale e benessere sociale.

Non sono certo mancati in questo periodo di legislatura, anzi si sono ripetuti frequentissimi, le analisi e i richiami della Confsal volti indicare al governo i campi prioritari d’intervento: la ricerca di base e applicata e l’innovazione tecnologica di prodotto e di processo produttivo; la formazione per l’accesso alle nuove professioni; le politiche attive del lavoro; le politiche fiscali in funzione della riduzione dell’insostenibile peso sul lavoro e sull’impresa; le politiche contrattuali per il rinnovo dei contratti scaduti nel settore privato e in quello pubblico; una spending review organica ed equa con l’eliminazione degli sprechi nella spesa pubblica e un’autentica lotta alla corruzione.

Tanto si è promesso e si è detto, ma a tutt’oggi possiamo riconoscere al governo soltanto i provvedimenti relativi al bonus di 80 euro a favore di una determinata fascia di lavoratori e una prima congrua decontribuzione per le imprese. La riforma del Jobs act, a nostro parere con poche luci e con molte criticità, non ha prodotto in termini occupazionali gli effetti sperati da parte del governo e della maggioranza parlamentare.

Non parliamo, poi, della recente riforma della scuola che, con i suoi discutibili contenuti culturali e con alcune norme di dubbia costituzionalità, in merito all’esercizio della libertà d’insegnamento dei docenti, visti i «nuovi poteri» del dirigente scolastico, e alla realizzazione di un’autentica autonomia e collegialità dell’istituzione scolastica, disegna obiettivi educativi e formativi non funzionali allo sviluppo culturale, sociale ed economico e percorsi di studio di difficile attuazione, come quelli riguardanti il rapporto scuola-lavoro.

A nostro parere, ogni governo della Repubblica, a distanza di un periodo medio-breve, dovrebbe confrontarsi con la realtà sociale ed economica e con le prospettive di occupazione e di benessere sociale, attraverso un’attenta considerazione degli indicatori macro-economici e settoriali. Sotto questa luce il governo Renzi dovrebbe ammettere che nel mercato del lavoro si registrano soltanto lievi segnali positivi, quasi impercettibili nelle aree deboli, dovuti più agli effetti della decontribuzione a favore delle imprese che a quelli del Jobs act. Dovrebbe anche valutare con obiettività il fatto che il modesto aumento delle ore lavorate e la lenta ripresa della decrescita delle ore di cassa integrazione non possono risolvere nel tempo medio quella che è la vera grande questione del paese: un milione di posti di lavoro distrutti dal 2008 al 2014, in sette lunghi anni di grave crisi economico-produttiva e occupazionale.

Un’analisi corretta della situazione e delle prospettive economico-occupazionali ci induce come Confsal a considerare che:

–           gli investimenti nel settore della ricerca- e dell’innovazione, fermi all’1,25% del pil, sono meno della metà del valore del 3% raggiunto da tempo dall’Unione europea;

–           la formazione in funzione delle «nuove professioni» riguardanti i settori produttivi più avanzati rimane un terreno in gran parte inesplorato;

–           le politiche attive del lavoro soffrono di importanti criticità e illogicità normative e di difficoltà oggettive nell’attuazione dell’apprendistato;

–           il grave ritardo di una vera e autentica spending review che elimini tutti gli enti inutili e gli insostenibili sprechi di spesa pubblica;

–           l’attuale permanenza dei tempi lunghi di pagamento delle pubbliche amministrazioni, che si attestano al di sopra dei 100 giorni e quindi lontani dalla regola europea dei 30/60 giorni.

Vanno poi considerati:

– la preoccupante fluttuazione della produzione industriale;

– la progressiva crescita del debito pubblico, sia in termini assoluti che in rapporto al pil;

– l’andamento dello spread dei titoli pubblici italiani in aumento nei primi sei mesi del 2015.

Ma la nostra attenzione va soprattutto alle politiche fiscali, a dir poco inique per i lavoratori, i pensionati e le imprese legali. Tra l’altro, l’attuale normativa fiscale è alquanto mutevole e non registra nessun passo avanti sulla strada di una vera semplificazione. Intanto, la pressione fiscale complessiva è in aumento, anche nella previsione per il 2016, collocandosi sui quattro punti oltre la media dell’Eurozona. Inoltre, una vera lotta all’evasione-elusione fiscale non è percepita dal contribuente onesto né risulta tra le previsioni governative per la legge di stabilità 2016, almeno secondo i recenti annunci del premier Renzi.

Se poi si considera l’inerzia del governo sull’attuale «critica» gestione delle agenzie fiscali, visti gli effetti della sentenza della Consulta sulla dirigenza agenziale, si può tranquillamente affermare che l’obiettivo politico di portare l’alta evasione fiscale italiana al livello fisiologico dell’Eurozona non è per nulla presente nell’agenda di legislatura del governo Renzi.

Vediamo la proposta fatta in questi giorni dal premier di un patto fiscale con gli italiani e presentata con enfasi come una «rivoluzione copernicana». Si tratta, in sintesi, della cancellazione dell’imposizione fiscale sulla casa di abitazione dal 2016, della riduzione dell’Ires a carico delle imprese nel 2017 e dell’alleggerimento dell’Irpef nel 2018, per un totale di 35 miliardi di euro nel triennio 2016-2018. La manovra conterrebbe anche i 15 miliardi di euro relativi al bonus di 80 euro e agli sgravi sull’Irap, per un totale di 50 miliardi di euro. Al dunque, la proposta rivoluzionaria di Renzi rinvia al 2018 gli sgravi fiscali su retribuzioni e. pensioni, e non tiene in nessuna considerazione gli effetti delle sentenza della Corte costituzionale sul ripristino del diritto di tutela reale del potere di acquisto delle pensioni e sul rinnovo dei contratti dei dipendenti del pubblico impiego.

Pertanto, si prospetta una legge di Stabilità 2016 che:

– continuerà a penalizzare i lavoratori e i pensionati, che pagheranno così un ulteriore prezzo alla crisi economico-finanziaria;

– non potrà sostenere la domanda interna, e quindi la crescita dell’economia e dell’occupazione, con grave danno per i giovani disoccupati.

In ogni caso, il prossimo autunno, in sede di stesura della legge di stabilità, il governo dovrà affrontare alcune questioni «aperte», in particolare: la flessibilità in uscita delle pensioni, il bonus 2016 per le nuove assunzioni e gli 80 euro da estendere anche ai pensionati.

La copertura finanziaria, sempre secondo le intenzioni del governo, dovrebbe arrivare dalle minori uscite dovute a tassi d’interesse relativamente bassi sul debito pubblico e a una spending review di almeno 10-12 miliardi di euro e da un maggiore gettito fiscale derivante da un Pil leggermente superiore (da 1,4 a 1,5%) alla previsione presente nel Documento economico finanziario della primavera 2015. A quanto possiamo vedere, la manovra 2016 si preannuncia piuttosto impegnativa sia per il governo che per il parlamento. Questo non soltanto per le complesse questioni economiche, finanziarie e fiscali da affrontare con equità e lungimiranza ma anche per il superamento dell’aumento dell’Iva e dell’imposizione fiscale sui carburanti e soprattutto per il rinvio del pareggio di bilancio e della conseguente proroga del deficit da «negoziare» a livello di governance Eurozona.

Temiamo, dunque, che la legge di Stabilità 2016 sconti i gravi ritardi dell’azione governativa sulle riforma strutturali economiche, finanziarie e fiscali con il rischio che vengano emanati provvedimenti di legge ulteriormente iniqui per lavoratori, pensionati e disoccupati. È ormai chiaro alla stragrande maggioranza degli italiani che il governo Renzi, prima di proporre un patto sul fisco, dovrebbe recuperare la dimensione dell’equità sociale e fiscale e quella della democrazia in un corretto metodo relazionale con i cittadini e con i corpi intermedi. Ed è per questo che la nostra vigilanza rimarrà alta e la nostra azione sindacale sarà continua e pressante per la promozione del lavoro e per l’affermazione dei diritti e la tutela degli interessi dei lavoratori e dei pensionati.